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Collezionare biglietti d’ingresso

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Collezionare biglietti d’ingresso

Il gioco delle meraviglie

Quando sono venuta a conoscenza della passione di Patrizio di collezionare biglietti d’ingresso a musei e mostre di ogni tipo non ho capito subito quanto essa fosse importante per lui, né quale portata avesse nella sua vita. Probabilmente l’ho assimilata come una curiosa innocente mania e ho cominciato a fare più attenzione nel conservare per lui questi piccoli foglietti stampati, più o meno belli, più o meno decorati, che prima tenevo a ricordo dei luoghi che avevo visitato, insieme alle cartoline che mi ostinavo a comprare in grandi quantità e a spedire agli amici.

Poi, col tempo, ho capito meglio ciò che la passione di collezionare biglietti significava e significa per Patrizio. Ho visitato una sua mostra alla Festa dell’Unità di Modena di tanti anni fa, ho letto un suo articolo per una rivista specializzata in cui venivano descritti e raccontati una serie di biglietti, ho seguito una “visita guidata” da lui stesso a una parte della sua collezione. E … insomma, ho capito quanta ricerca, dedizione, sapere ci stanno dietro questa passione. Di mostra in mostra, di articolo in articolo (poche le une e pochi gli altri in tutti questi anni perché Patrizio è una persona schiva) ho cominciato a capire quanto i biglietti possano essere fonte di informazioni storiche, sociali, artistiche delle epoche, delle situazioni, degli eventi cui si riferiscono. Come testimonia egregiamente questo libro.

A un certo punto, venendo a conoscenza anche di altre collezioni, mi sono posta la domanda: “Perché lo fa?”. Qualcuno può pensare (forse i più lo pensano) che quella del collezionista sia una sorta di “mania”, indice di una personalità un po’ folle, un’innocua follia peraltro, tipica di certe persone un po’ strane.

Un recente saggio, dal titolo quanto mai significativo Perché ci ostiniamo, scritto da un noto collezionista di mosche, lo svedese Fredrik Sjoberg, afferma invece con sicurezza che proprio la passione di collezionare oggetti ci salva dalla follia. Perché risponde ad un bisogno innato dell’uomo, funzionale alla sua sopravvivenza come bere, mangiare, dormire, riprodursi, tanto che la borsa è stata una delle più rivoluzionarie invenzioni dell’umanità: “… La borsa è fondamentale in quanto prerequisito necessario per una raccolta efficace di radici, frutta, bacche e altro cibo. Come l’invenzione della ruota, ma meglio!”. Quanto alla pazzia lo scrittore afferma che “collezionare per il proprio piacere è un modo di evitarla”.  È il piacere dunque la chiave di lettura. Il puro piacere di trovare qualcosa che ancora non si possiede, la dilettevole scoperta di qualcosa di nuovo, la molla a non fermarsi, ma anzi a continuare a cercare, l’attività rilassante di osservare, leggere, interpretare e poi catalogare ciò che si è appena trovato sono tutte espressioni di un’attività salvifica che assorbe completamente e nello stesso tempo permette di avere un’àncora, un punto fermo in mezzo al tumulto caotico e forsennato, e pertanto angosciante, del mondo contemporaneo. È il gioco, l’attività che abbiamo imparato da bambini e di cui tanto gli psicologi si sono occupati, quello che ci assorbe completamente, che ci impegna come un lavoro, ma che non è mai né ripetitivo né frustrante. È il gioco che viene indicato dagli studiosi della formazione in età adulta come una delle quattro esperienze apicali della vita insieme a quelle dell’amore, della morte e del lavoro. Come dice lo psicologo Winnicot: “È nel giocare e soltanto mentre gioca che l’individuo, bambino o adulto, è in grado di essere creativo e di fare uso dell’intera personalità, ed è solo nell’essere creativo che l’individuo scopre il sé”.

E Patrizio? Perché lo fa? Non so. Forse è la passione per osservare e cogliere i più piccoli particolari, la curiosità di andare a fondo del mistero che si cela dietro a ciascuna immagine, la voglia di arrivare a sapere tutto quello che quel determinato biglietto racconta. Quello che è certo è che, da un po’ di tempo, egli sente il bisogno di non tenere egoisticamente per sé i suoi tesori, ma di mostrarli, di condividerli col mondo per vedere riflesso nel viso dell’altro la stessa meraviglia che ha provato lui. Quella meraviglia che ha sempre colto chi si è trovato davanti a forme nuove, ad animali strani, ad oggetti esotici in tutti i mercati e le fiere di ogni tempo e di ogni dove.
E di questo dono, del tutto sincero e gratuito, non possiamo che essergli grati.

 

Anna Maria Pedretti
Collaboratrice e docente Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari